CORPORATE INTERIORS

DAI PRIMI DEL NOVECENTO, TRA NEW YORK E CHICAGO, LE GRANDI COMPAGNIE COSTRUIVANO PALAZZI AVVENIRISTICI COME IL CRYSLER BUILDING E IL ROCKFELLER CENTER IDENTIFICANDO L'ARCHITETTURA CON L'IDENTITÀ AZIENDALE.
Lo stesso mondo bancario, per secoli, ha fatto di palazzi, arredi sontuosi e collezioni d’arte uno strumento di comunicazione del proprio potere economico.
crysler-building

Chrysler Building, William Van Allen. 1930

L’idea quindi di utilizzare il costruito come veicolo dell’identità aziendale, ha radici (e successi!) molto lontani. 

Possedere un “corporate building” o disporre di palazzi nei più importanti centri storici, però, non è sempre alla portata di tutti. Anzi, proprio perché la maggioranza non se li poteva permettere, per diversi decenni l’idea stessa di “corporate building” era quasi scomparsa. 

Un approccio molto più aperto e sociale come i “campus” hanno conquistato le principali start-up della Silicon Valley, che sotto l’egida direttiva di Steve Jobs “stay hungry, stay foolish” puntavano più alle relazioni che non a manifestazioni edonistiche del proprio ego: il concetto di “understatement” era (e in parte lo è tuttora) sinonimo di cultura e savoir faire. 

Con il nuovo millennio e con i corsi e ricorsi, questa tendenza sembra cambiare di nuovo e assistiamo ad un proliferare di nuove costruzioni identitarie, di grandi gruppi immobiliari, bancari, finanziari e commerciali, che stanno riscoprendo nell’architettura, quella conferma e quel manifesto del proprio valore. Dalle Petronas Towers alla sede della China Central Television di Rem Koolhaas fino alla torre Unicredit di Milano, gli esempio sono molteplici.

Cosa è cambiato dalla modalità dei primi del ‘900? 

Che non sono più necessari imponenti investimenti economici, ma una buona capacità nel declinare con creatività i valori e i prodotti aziendali, rispetto agli spazi disponibili. Con questo primo articolo, vorremmo quindi dedicare alcuni dei nostri contenuti a case histories di interesse. 

Il primo progetto, che vi presentiamo oggi, ci è stato suggerito da GR Group, una realtà milanese (di Legnano, per la precisione) che da diversi decenni si occupa di allestimenti, temporanei e non: dalla stampa su grandi formati, che ha caratterizzato gli esordi, oggi è un contractor a 360° con falegnameria e carpenteria interne e un team di progettazione capace di seguire tutte le fasi del progetto. 

Come abbiamo raccontato e spiegato più volte (e non ci stancheremo mai di farlo!) questa idea di comunicare con l’architettura nasce certamente dalla comunicazione pubblicitaria e da quella dedicata al retail. GR Group, che da sempre opera in questo settore, si è messa alla prova in un progetto di comunicazione ambientale dedicato ad una realtà che da trent’anni opera nel settore dei sistemi di movimentazione aria HW Ventilation. In un grande capannone industriale, era nata l’esigenza di rendere più accogliente e più comunicativo, uno spazio che, fondamentalmente, era nato come solo operativo.

Accogliere e coinvolgere le due parole d’ordine. 

Così, nel giro di pochi giorni, un interno per interni, una sorta di scatola vetrata è diventata la sala riunioni e tutti i tipi di ventilatori, che prima erano addossati gli uni agli altri, in attesa della prossima fiera, sono diventati una sorta di vetrina, una scenografia museale con un sistema di sostegni, studiati ad hoc, che potessero anche facilmente essere spostati e trasportati. Infografica, loghi, colori aziendali e didascalie informative, hanno trasformato un capannone in uno spazio narrativo e coinvolgente. L’impegno economico è stato coerente, il tempo di realizzazione da record! 

Certamente le competenze poliedriche, che caratterizzano GR Group, Francesca Di Mitri in particolare è l'architetto che ha curato la progettazione, hanno permesso di velocizzare tutti i processi creativi, esecutivi e realizzativi, garantendo al cliente la massima efficienza. L’interior design, che qui pare prendere più spunto dalla scenografia che non dall’architettura, trova nella creatività una valida alternativa alla disponibilità di spesa. 

Se il design degli interni, è il risultato del dialogo tra committente e progettista in cui il primo pone una domanda e il secondo formula una risposta, una nota di merito va anche al committente, per aver posto in maniera chiara la domanda: una buona risposta, ha bisogna di una buona domanda!